Nel 2020 in Italia il consumo complessivo di antibiotici è diminuito del 18%. Nonostante ciò, in Italia il consumo di antibiotici è superiore rispetto alla media europea, sia a livello territoriale che ospedaliero, soprattutto nelle fasce di età tra 2 e 5 anni e over 85. Questi alcuni dei dati emersi dal Rapporto nazionale 2020 sull'Uso degli antibiotici in Italia, presentato ieri dall'Agenzia Italiana del farmaco (AIFA).
Nel 2020 il consumo complessivo, pubblico e privato, di antibiotici in Italia è stato pari a 17,7 dosi ogni mille abitanti (DDD/1000 abitanti die), in forte riduzione rispetto al 2019 (-18,2%). Con 692,1 milioni di euro, gli antibiotici hanno rappresentato il 3% della spesa e l’1,2% dei consumi totali a carico del Ssn. Nel primo semestre del 2021, l'uso degli antibiotici erogati dalle farmacie a carico del Servizio sanitario nazionale (in assistenza convenzionata) è stato di 10,5 dosi ogni 1000 abitanti al giorno, in riduzione del 21,2% rispetto al primo semestre del 2020. Anche per quanto riguarda gli acquisti diretti (fatti dagli ospedali) si rileva una significativa riduzione, pari al 31,4% nel primo semestre del 2021 rispetto al primo semestre 2020, con ampie differenze a livello regionale.
Dal report emerge che in Italia gli antibiotici vengono prescritti in modo inappropriato in un quarto dei casi. Un impiego rischioso, specie alla luce della crescente emergenza legata ai 'superbatteri' resistenti. Dall'analisi dei dati della medicina generale sulle prescrizioni ambulatoriali di antibiotici per specifiche patologie infettive è emersa una prevalenza di uso inappropriato che supera il 25% per quasi tutte le condizioni cliniche studiate. Nel 2020 le stime osservate sono tutte in aumento rispetto all'anno precedente, in particolare per la cistite nelle donne. “L'uso non appropriato di antibiotici - ammonisce l'Aifa - oltre a esporre i soggetti a inutili rischi derivanti dai loro effetti collaterali, comporta considerevoli problematiche cliniche derivanti dal possibile sviluppo di resistenze".