
Nel 2020 in Europa sono state almeno 800mila le infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici; circa 36 mila i decessi correlati. In Italia si stimano 235mila infezioni e circa 11mila decessi. Si intravedono, però, lievi segnali di miglioramento, secondo il rapporto 'Antimicrobial resistance surveillance in Europe' realizzato dallo European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) e dall'Ufficio europeo dell'Oms. Le tendenze, spiegano gli estensori, "variano ampiamente a seconda della specie di batteri, del gruppo di antibiotici e della regione geografica". Tuttavia, alcuni trend sono abbastanza chiari: il fenomeno dell'antimicrobico-resistenza ha un impatto maggiore nei Paesi dell'Europa meridionale e orientale. "Dal momento che continuano a emergere batteri resistenti agli antibiotici, sono necessari ulteriori sforzi per migliorare le pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni, ridurre l'uso non necessario di antimicrobici, progettare e attuare programmi di gestione antimicrobica e garantire un'adeguata capacità di analisi microbiologica", ha affermato Dominique Monnet, a capo della sezione dell'Ecdc dedicata alla resistenza antimicrobica e alle infezioni ospedaliere.
Dal rapporto emergono anche gli effetti contrastanti del Covid-19 sull'antibiotico-resistenza: "durante i primi due anni di pandemia è stato osservata una forte riduzione nel consumo totale di antibiotici per uso sistemico soprattutto nella comunità. I cambiamenti sono stati meno consistenti negli ospedali, con un aumento del consumo di antibiotici di ultima scelta". I ritardi nella diagnosi e nel trattamento dovuti alla pandemia potrebbero aver portato a un maggior numero di trattamenti "a più alto rischio di infezioni con batteri resistenti". Effetto analogo può avere avuto l'alto ricorso alle terapie intensive correlato al Covid-19.