Basta agli eccessi della distribuzione diretta che in alcune regioni si traducono in un Pht “gonfiato” e nella dispensazione selvaggia di farmaci della convenzionata da parte di Asl e ospedali. E’ il grido di esasperazione proveniente dalle farmacie del territorio e anche dall’industria farmaceutica, compatte come non mai nel denunciare le storture di un sistema da ridimensionare e superare. Palcoscenico di questa rinnovata convergenza della filiera il convegno organizzato sabato a Bologna da Federfarma Emilia Romagna, che ha dato voce a tutta l’insofferenza del comparto per il doppio canale così come per le incoerenze di una certa politica. «La farmacia» ha ricordato il presidente di Federfarma Bologna, Massimiliano Fracassi, aprendo i lavori «fa parte del Ssn e proprio in questa regione ha imboccato con decisione il modello della farmacia dei servizi già dai primi anni Novanta. Ciò nonostante, alcune Asl fanno così tanta diretta da mettere in ginocchio le farmacie di alcune province e la Regione ha varato una legge che imporrebbe i turni di notte a battenti aperti, con ricadute insostenibili per le farmacie più piccole». «In questa regione» ha rincarato il presidente di Federfarma Emilia Romagna, Domenico Dal Re «la farmacia è stretta in una morsa che va rotta al più presto. E’ assurdo che da un lato si aprano nuove sedi con il concorso straordinario e dall’altro si tolgano al canale i farmaci da distribuire. Le farmacie rurali saranno le prime a dover chiudere e se spariscono loro le piccole comunità perdono l’ultima forma di aggregazione sociale che ancora esiste».
Doppio canale sotto accusa. All’origine di tutto, ha ricordato la presidente nazionale di Federfarma, Annarosa Racca, una lettura della legge 405/2001 che in alcune regioni travalica ampiamente lo spirito originale della norma. «Ai pazienti in dimissione vengono forniti farmaci per mesi e mesi» ha spiegato «cosa che origina sprechi consistenti perché se la terapia viene cambiata c’è da buttare un’intera fornitura. Per risparmiare basterebbe puntare sulla dpc, ma nonostante tutte le evidenze in certe Asl la diretta continua a crescere di anno in anno». «Il doppio canale fa male alle farmacie e non aiuta i cittadini» ha confermato Ernesto Toschi, presidente di Assofarm Emilia Romagna.
Anche per gli industriali “l’accanimento” con cui in certe regioni si insiste sul doppio canale è incomprensibile. «L’Emilia Romagna è da sempre molto attenta alla dimensione sociale» ha osservato il presidente di Assogenerici, Enrique Hausermann «non si riesce allora a capire perché per un millantato risparmio si costringono gli assistiti a disagi spaventosi per andare a ritirare i farmaci nelle strutture pubbliche». «I pazienti devono trovare il farmaco in farmacia» ha auspicato dal canto suo il vicepresidente di Farmindustria, Emilio Stefanelli «e la Manovra da questo punto di vista ci aiuta perché riassembla i tetti dividendo nettamente tra spesa convenzionata e spesa per ospedaliera e diretta». La speranza, dunque, è che da tale riorganizzazione scaturisca un ritorno allo spirito originario della 405/2001: «I farmaci dovrebbero restare nel Pht soltanto per un periodo di tempo definito» ha continuato Stefanelli «così come sarebbe opportuno evitare che ogni regione s’inventi il suo modo di distribuire farmaci». Anche per la presidente Racca la Manovra disegna una promettente inversione di tendenza: «Con le nuove regole e i nuovi tetti» ha ricordato «alle regioni converrà trasferire farmaci dalla diretta alla dpc e alla convenzionata».
Le proposte di Federfarma. L’attacco delle farmacie alla diretta non è però incondizionato, ma fa perno su un pacchetto di proposte che mirano a rimuovere alcune criticità di sistema. «Va sancita l’assoluta incompatibilità tra titolarità di farmacia e titolarità di parafarmacia» ha detto Dal Re «così come siamo favorevoli a una parametrazione dei livelli occupazionali delle farmacie, con finalità pianificatrici». Tutto questo, ha però ricordato Racca, soltanto se la farmacia viene riconosciuta come l’unico sistema di distribuzione del farmaco. «Siamo stanchi di vivere sotto 21 repubbliche sanitarie diverse» ha affermato la presidente di Federfarma «ognuna con il proprio sistema distributivo. Dobbiamo tornare a un unico canale». Ed è per questo, ha aggiunto dal Re, «che al referendum del 4 dicembre voteremo per il Sì».
Le aperture della politica: riscrivere la 405/2001. Gli affondi della filiera e le proposte di Federfarma hanno riscosso attenzione e aperture dai rappresentanti della politica – nazionale e regionale – invitati al convegno. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha ricordato in un
videomessaggio che la farmacia «ricopre un ruolo centrale nel Ssn in virtù della sua prossimità». I presidi dalla croce verde, in particolare, rappresentano un vero e proprio «front office della Sanità pubblica, perché contribuiscono al controllo della spesa farmaceutica e alla presa in carico del paziente cronico». «La proposta sull’incompatibilità tra farmacie e parafarmacie è interessante» ha commentato dal canto suo Federico Gelli, responsabile Pd per la Sanità «la fascia C è un tema ormai superato ma dobbiamo recuperare gli errori commessi in passato, anzi la liberalizzazione è stata un doppio errore perché ha illuso molti giovani». Quanto alla diretta, ha continuato Gelli, «è arrivato il momento di riscrivere la 405/2001: è assurdo che un assistito residente in Lazio o Toscana trovi regole diverse su ricette o ticket non appena esce dalla sua regione». Più in generale, ha osservato Gelli «va presa coscienza del fatto che molte Regioni non hanno ancora trovato la forza di riorganizzare l’assistenza territoriale e di chiudere gli ospedali inutili. La riforma costituzionale metterà fine a tali storture, perché con la riscrittura del Titolo V non solo archiviamo il principio della legislazione concorrente ma introduciamo anche la clausola della supremazia, che autorizza lo Stato centrale a intervenire in aiuto di una regione quando le cose non vanno come dovrebbero». Anche Donata Lenzi, rappresentante Pd nella commissione Affari sociali della Camera, ha spezzato una lancia a favore della riforma: «Riportando la Sanità tra le competenze dello Stato centrale» ha spiegato «offrirà certamente un contributo al superamento dell’attuale frammentazione federalista». Di avviso differente Andrea Mandelli, vicepresidente della commissione Bilancio della Camera e presidente della Fofi: «Con la riforma del Titolo V non cambierà nulla perché l’organizzazione dei servizi resta di competenza regionale» ha detto «e in ogni caso non serve cambiare la costituzione per riscrivere la 405». Raffaello Vignali, rappresentante di Ap-Ncd in commissione Industria della Camera, si è invece soffermato sulla distribuzione diretta per esortare tutte le parti ad affrontare il tema con razionalità e ragionevolezza: «Ogni volta che sento parlare di convenienza della diretta noto che nessuno mostra numeri sui costi del personale» ha osservato «ma soprattutto, è incomprensibile il motivo per cui in alcune regioni si mettono in piedi canali alternativi alla farmacia quando la farmacia c’è già».
La risposta degli amministratori locali. Anche dai rappresentanti della politica e del governo regionale sono giunti segnali di stima nei confronti della farmacia. «In Emilia Romagna» ha spiegato Elisabetta Gualmini, vicepresidente della Regione «stiamo lavorando per passare da un welfare prestazionale a un welfare relazionale, e qui le farmacie recitano un ruolo che nessuno vuole mettere in discussione. Di più, nei piccoli paesi il farmacista è da tempo un “case manager” che svolge una doppia funzione, sanitaria e sociale». Anche su distribuzione diretta e turni di notte a battenti chiusi la Regione è pronta a fare significativi passi indietro: il confronto con Federfarma Emilia Romagna al tavolo per la dpc sta registrando una significativa convergenza e potrebbe sfociare a breve in un’intesa. Sui turni, si sta ragionando su una riscrittura della legge regionale che potrebbe arrivare a consentire alle rurali il servizio a battenti chiusi anche nei turni diurni. (AS)