Generico fa risparmiare ma Regioni e cittadini ancora non apprezzano
13/10/2016 00:10:18
Le Regioni continuano a lamentarsi dell’ingovernabilità della spesa farmaceutica ma poi, alla prova dei fatti, non sfruttano a fondo le leve che potrebbero accrescerne la sostenibilità. A partire dai farmaci generici, che assorbono meno di un quarto della spesa sostenuta da Asl e ospedali per i “senza brevetto”, anche se in volumi pesano per più di un terzo. Il diverso rapporto si spiega con «un prezzo unitario medio che nei farmaci generici è inferiore rispetto agli altri farmaci a brevetto scaduto», di conseguenza i risparmi sarebbero maggiori se negli acquisti di equivalenti si accrescesse la quota di “unbranded”.
E’ una delle considerazioni cui invitano i dati diffusi da Assogenerici nel corso dell’Assemblea pubblica organizzata ieri a Roma per fare il punto sulle prospettive del comparto. «Dal 2000 a oggi» ha ricordato nel suo intervento di apertura il presidente di Assogenerici, Enrique Hausermann «farmaci equivalenti e biosimilari hanno assicurato alla spesa farmaceutica risparmi per 4 miliardi di euro». Grazie a tali economie, il Ssn ha potuto così erogare cure a una platea più ampia di pazienti. «A titolo di esempio» ha continuato Hausermann «grazie all’immissione sul mercato del Filgrastim biosimilare, il numero di pazienti ammesso al trattamento oncologico è aumentato, dal 2006 al 2015, del 53%. E in un solo anno, l'Infliximab biosimilare ha consentito di curare il 10% di malati in più».
Generici e biosimilari, in sostanza, hanno fornito negli anni un contributo importante alla sostenibilità non solo della spesa farmaceutica, ma anche dei farmaci innovativi. «Il generico» ha detto ancora Hausermann «contribuisce, per sua natura, al processo di razionalizzazione della spesa pubblica e alla crescita economica del Paese». Per tale motivo, dovrebbe essere interesse prioritario del sistema-paese sostenere e agevolare la crescita del comparto, che invece nell’ultimo anno ha evidenziato un rallentamento. Lo fotografa il Secondo rapporto sul sistema dei farmaci generici in Italia realizzato dalla società di studi economici Nomisma per conto di Assogenerici: tra i farmaci di fascia A, i generici restano fermi da un triennio su una quota di mercato del 29% circa (sul totale off patent); tra i medicinali di fascia C la crescita invece c’è, ma la quoata di mercato non supera il 7,8%. E’ evidente, ne deducono gli esperti di Nomisma, che «la competizione da parte dei farmaci originator è ancora molto forte e la tendenza a prescrivere e acquistare “branded” non si sta particolarmente affievolendo».
Non mancano le contraddizioni: come ha osservato Sergio Liberatore, amministratore delegato di Quintiles Ims Italia (la società nata il 3 ottobre dalla fusione di Quintiles Ims Holding e Ims Health), le regioni dove è minore la propensione a preferire l’off patent generico rispetto al branded sono quelle sottoposte a Piano di rientro per deficit dei conti sanitari. «E' una situazione paradossale» ha osservato Liberatore «la compartecipazione sul prezzo di rimborso è costata nel 2015 agli italiani un miliardo di euro, e le regioni in cui si è speso di più sono quelle con il Pil procapite più basso: Lazio, Campania, Calabria, Sicilia, Molise, Puglia e Basilicata». E pensare, dicono ancora i dati di Quintiles Ims, che grazie ai generici tra il 2010 e il 2015 il prezzo medio dei farmaci con obbligo di ricetta è calato da 11 a 9,5 euro a pezzo. «E’ evidente» èì la conclusione di Liberatore «che un insieme di scelte di tipo culturale continua a pesare sui medici ma anche sui pazienti e sui farmacisti». (AS)