Anche nel 2016 le farmacie si riconfermano tra le attività d’impresa sottoposte a studi di settore più “ligie” nei confronti del Fisco. Lo dicono
le statistiche dell’Agenzia delle Entrate sulle dichiarazioni dei redditi 2017, relative al periodo d’imposta dell’anno precedente: tra gli esercizi con la croce verde, le posizioni che risultano congrue dall’applicazione degli indici di normalità economica sono l’85,6%, che diventano l’88,8% con gli adeguamenti e le regolarizzazioni. In altri termini, quasi 9 farmacie su 10 hanno dichiarato per il 2016 ricavi allineati ai parametri dello studio di settore. Ben poche altre categorie possono vantare la stessa “correttezza” nei confronti del Fisco. Nel macrosettore del commercio, per esempio, l’indice di congruità si ferma al 57,6% alla prima verifica e sale al 68,7% con gli adeguamenti. Fanno meglio i professionisti, che evidenziano un tasso di congruità del 78,9% (84,5% con le regolarizzazioni) ma le farmacie stanno ancora davanti.
La particolare “correttezza” che le farmacie mostrano nei confronti del Fisco non è soltanto dell’ultima dichiarazione dei redditi: nell’anno d’imposta 2015, infatti, tra gli esercizi dalla croce verde le posizioni congrue alla prima verifica ammontavano all’87,9% del totale, e nel 2014 all’87,2%. Nel commercio e nelle professioni, invece, il tasso di congruità si è fermato rispettivamente al 58,5 e al 79,8% nel 2015 e al 59,4 e 81,4% l’anno prima. Insomma, i titolari di farmacia sono tra le poche categorie che con il Fisco fanno il proprio dovere fino in fondo. Sarebbe opportuno che la politica se ne ricordasse, quando parla di liberalizzazioni e concorrenza. (AS)