Più che sul farmaco e sulla sua filiera distributiva, sono altre le voci di spesa del Ssn sulle quali economisti innamorati di riformismo e tecnici regionali votati al risparmio dovrebbero concentrare l’attenzione. Per esempio i dispositivi medici. Che, secondo un
rapporto diffuso dal ministero della Salute, nei primi sei mesi del 2014 hanno fatto registrare un aumento di spesa del 34%, toccando i 1.711 milioni di euro. Non sono briciole: in un semestre, tanto per offrire una pietra di paragone, la farmaceutica territoriale (convenzionata più diretta/dpc) si aggira sui 4,5 miliardi. E mentre quest’ultima continua a calare (-1,7% nei primi nove mesi del 2014 secondo il Rapporto Osmed presentato lunedì dall’Aifa, -2,5% nel 2013), la spesa per i dispositivi “vola” che è un piacere. Anche a livello regionale: in Lazio (sempre nei primi sei mesi del 2014) è cresciuta addirittura del 109%, in Piemonte è raddoppiata, in Puglia è salita del 98%, in Abruzzo dell’80%, in Umbria del 75%, nelle Marche del 58%, in Campania del 42%, in Calabria del 41%. Si attestano su incrementi più ragionevoli Sicilia (+17%), Toscana(+13%), Campania (+12%), Bolzano e Veneto (+11%), Fiuli Venezia Giulia (+10%), Lombardia e Basilicata (+6%) e infine Emilia Romagna (+5%). Riescono invece ad assicurarsi il segno meno soltanto Valle d’Aosta (-19%), Molise (-4%) e Liguria (-1%), mentre la Sardegna si guadagna un “non pervenuto” perché dalle sue Asl non è giunto alcun dato (più in generale, ha inviato rilevazioni il 95% delle aziende sanitarie italiane).
Per quanto concerne le singole categorie, va notato che le prime quattro per incidenza di spesa assorbono da sole il 54% degli acquisti da parte delle strutture sanitarie: Dispositivi protesici impiantabili e prodotti per osteosintesi (370 milioni di euro, 21,6% del totale), Dispositivi per apparato cardiocircolatorio (221 milioni di euro, 13%), Dispositivi impiantabili attivi (179 milioni di euro, 10,5%), Dispositivi da somministrazione, prelievo e raccolta (159 milioni di euro, 9,3%). (AS)