Non è neanche passata una settimana dal referendum con cui gli inglesi hanno detto sì alla Brexit e l’Italia è già pronta a candidarsi ufficialmente per dare ospitalità all’Ema, l’Agenzia europea del farmaco. La cui sede, un domani, potrebbe spostarsi da Londra a Milano. E’ l’ipotesi lanciata ieri dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, in
un articolo firmato da Roberto Turno e pubblicato sul Sole 24 Ore: «L'Italia si può candidare» dice Lorenzin «ha i titoli, le qualità e le competenze. La nostra Aifa è un modello che tutti ci invidiano e il Tecnopolo di Milano sarebbe la sede ideale». Dello stesso avviso il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, che ieri ha presentato ufficialmente la candidatura del capoluogo: «Nessun luogo meglio di Milano potrebbe ospitare l’Agenzia, diventeremmo il punto di riferimento europeo per le biotecnologie e per la salute» ha detto il presidente a margine dell'assemblea generale di Confcommercio «con la leale collaborazione tra le istituzioni ce la possiamo fare, come abbiamo dimostrato con Expo».
La convergenza tra Ministero e Regione fa ovviamente contento il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi: «Come da tempo sosteniamo è l'Italia la sede naturale dell'Ema» si legge in una nota diffusa ieri dall’associazione dei produttori «fanno quindi benissimo il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, a chiederne il trasferimento a Milano, presso lo Human Technopole. Perché non siamo secondi a nessuno per titoli, competenze e qualità professionali in campo regolatorio e industriale. Come dimostrano sia l'Agenzia italiana del farmaco, riconosciuta a livello internazionale, sia i numeri delle imprese del farmaco». Anche per Federfarma portare l’Ema a Milano sarebbe un importante successo: «Nella ricerca l’Italia è ai vertici» ricorda la presidente nazionale del sindacato, Annarosa Racca «i numeri dicono che siamo l’hub europeo del farmaco».
E’ ormai assodato, peraltro, che per avere l’Ema il nostro Paese dovrà vedersela con almeno un altro paio di concorrenti: la Svezia, che ha posto fin da marzo la
propria candidatura (motivata dal primato nel numero di studi scientifici presentati all’agenzia nazionale del farmaco), e la Danimarca, che invece mette avanti le strettissime ed efficienti relazioni che nel Paese legano industrie del farmaco, università, ospedali e autorità pubbliche. «Le industrie del biotech o del pharma che oggi devono decidere dove collocare il proprio quartier generale» aveva detto qualche mese fa Ida Sofie Jensen, presidente dell’associazione che rappresenta i produttori farmaceutici danesi «preferiscono di solito gli Usa, il Regno Unito, la Svizzera o la Danimarca. Ormai, tra questi quattro Paesi ce n’è solo uno nell’Ue».
Intanto, all’Ema si resta in paziente attesa. «Aspettiamo di sapere che decisioni saranno prese dai capi di Stato» spiega all’AdnKronos il direttore esecutivo dell’Agenzia, Guido Rasi «saranno loro a dire se, quando e dove ricollocare l'Ema». Al momento, in ogni caso, tutto continua come prima: «Il nostro modo di operare non cambia di una virgola» conferma Rasi «anche se l’esito del referendum è stato uno shock. In ogni caso io sono un civil servant e dove mi mandano farò del mio meglio». (AS)